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Sul filo.

Sono seduta sul letto della mia stanzetta a casa dei miei, e mi continuo a distrarre perché non so bene cosa scrivere. O meglio, non so bene a chi gliene potrebbe importare di ciò che scrivo. Ma me ne frego. Eccomi qui.

Sto leggendo un libro che mi ha regalato Alice. Dovreste conoscerla, lei sembra non aver paura di niente. Chissà qual è il suo punto debole. Il romanzo si chiama Le braci di Sandor Marai. Parla di due uomini che si rivedono dopo un’infinità di tempo. Credo sia un giallo. Comunque sono alla ricerca disperata di un passaggio in cui l’autore parlava di egoismo.

Eccolo. Pagina 23.

Era una grande stufa vecchia di un secolo, che irradiava un calore simile alla benevolenza emanata da una persona pingue e indolente che cerchi di attenuare il proprio egoismo con qualche buona azione.

Pingue. Cosa vuol dire pingue? A me fa pensare solo ai pinguini.

San Google dice che significa “ciccione”. Caro Sandor, potevi scrivere che era grasso e ciao, tutti contenti. Io, soprattutto, non mi sarei sentita così ignorante.

Ad ogni modo la similitudine è meravigliosa. Sento il calore di quella stufa come se ora fosse qui davanti a me, a scaldarmi. Una stufa rumorosa e gialla. Una stufa egoista.

Ultimamente penso molto all’egoismo, a quanto io lo sia, a quanto lo siano gli altri. Certo, un po’ di egoismo è necessario per sopravvivere, altrimenti una come me cadrebbe subito vittima delle parole e dei giudizi e dei commenti e allora sì farei fatica ad andare avanti senza ansiolitici. Che già di ansie ne ho parecchie.

Non so bene di cosa dovrebbe parlare il primo articolo del mio blog e non ho voglia di presentazioni solenni o altisonanti.

Sono Teresa. Non sono una madre. Non so se sono cristiana. Però ho un amico che si chiama Cristiano a cui voglio molto bene.

Ecco, i miei pensieri sono così: corrono, si fermano, tornano indietro, corrono più veloce.

Ho sempre corso veloce. Solo adesso sto imparando a stare in piedi senza correre. È faticoso perché devi stare, stare come su una corda a cento metri d’altezza. Ferma per non cadere. Ferma per non morire.

Piano piano respiro. Si muovono solo gli occhi. Guardano dritto davanti a sé. Non vedono il traguardo. Non sanno quale sia la fine. Ma una gamba si alza e lenta lenta si mette davanti all’altra. Il piede appoggia prima la punta poi la pianta poi il tallone.

Mi sembra di essere sulla luna.